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L’estate sta finendo, sono tornata alla base e già la casa mi sta stretta. Ho una gran voglia di conoscere le tante realtà ancora disseminate sul territorio, in città e fuori. Eccone due vissute nel giro di pochi giorni: Il gusto della memoria, presentato al Circolo degli artisti di Roma e Il festival delle storie che si è svolto tra i paesi della Valle di Comino. Mi piace raccontarli insieme perché trattano entrambi di vicende personali, reali il primo, letterarie il secondo.
Il gusto della memoria, alla sua seconda edizione a Bracciano, è un concorso che premia chi produce un lungometraggio utilizzando per più di metà del prodotto materiale di archivio, pellicole in vari formati raccolte da tutto il mondo e conservate nell’Archivio storico di www.nosarchives.com. Ecco allora immagini di villeggiature sui lidi italiani, caccia alle renne in Norvegia, soldati al fronte, navi in fase di costruzione. Persone, luoghi, eventi reali ripresi con lo sguardo dell’esploratore e con macchine sofisticate per l’epoca ma primitive per noi oggi, malati di tecnologie.
Il festival delle storie è ormai alla sua ultima tappa (dal 23 al 31 agosto) quando lo raggiungo nel paese di Casalvieri, un’occasione per me di conoscere i paesi del Frosinate (www.festivaldellestorie.org). Due ore di viaggio da Roma. Mi domando se vale la pena, guidando col cielo plumbeo e qualche goccia di pioggia che cade. Ne vale la pena mi rispondo vedendo già che la gente sorride e saluta chi arriva ed è chiaramente uno straniero. E gli incontri con le storie letterarie raccontate dagli autori e le persone reali me lo confermano. In piazza e altrove. Come nella cena all’Osteria del tempo perso quando l’oste, appassionato cultore della sua terra, tra portate fatte secondo la ricetta della nonna, ci racconta di come il cabernet sia arrivato nella zona nel 1821 con i Francesi che volevano europeizzare il territorio dei Borboni. O ascoltando Marco Baliani che ci parla del suo romanzo L’occasione con i personaggi che hanno il nome degli evangelisti e delle nuove battaglie collettive dei giovani impegnati nella difesa dell’ambiente o nelle missioni umanitarie. O sentendo la splendida voce di Alessandra Parisi che canta il suo modo di vedere la vita intervallandosi con chi legge e parla di ciò che ha scritto. Gli appuntamenti sono tanti. Intorno tante persone del posto, anziani e giovani. C’è chi non riesce a star fermo, c’è chi mangia, c’è chi parla, ma ci sono tanti che ascoltano e applaudono. Le storie si accavallano. Le parole viaggiano e, complice la notte, si ha il tempo di raccontarsi la propria storia.
“E’ primavera, svegliatevi bambine. Alle Cascine il primo sole fa il rubacuor!”. Cantava così la nonna Amalia, nata settimina nel 1889, che aveva allevato sette figli facendo la lavandaia. Ecco perché tutti la chiamavano la Marescialla, si era indurita e aveva preso un piglio da autoritaria. Ma quando nell’aria arrivava l’odore e il calore di marzo, si metteva a cantare. Unica concessione al suo sguardo duro. Io mi divertivo da matti con lei a cantare, complici della trasgressione primaverile che invitava a lasciarsi andare. Quando ero bambina avevo una casa su un albero e un giardino intorno. Poi i tempi sono cambiati, le città hanno stritolato il verde della campagna, o meglio lo hanno inglobato se non annullato tra le costruzioni. Dicono sia colpa dell’introduzione del cemento armato che ha spinto a costruire palazzi alti. Sarà, ma la voglia di alberi, di prati, di fiori è sempre più forte perché se ne sente il desiderio, il bisogno, per vivere meglio . Ecco perché nelle città sono nate tante iniziative dette di giardinaggio sovversivo: si adottano aiuole, si fanno bombe di semi, si circondano gli alberi che rischiano di essere potati alle radici, ci si ritrova nei cortili e li si coltiva a orti . E io, che non ho più un giardino né un orto sento, che è tempo di seminare .
Me lo ricorda il web con i messaggi dai vari giardinieri sparsi in tutta Italia. Allora seguo il consiglio delle Lezioni di giardinaggio Planetario avuto in una giornata d’inverno nel bel mezzo di uno spettacolo teatrale: giro con semi di girasole e semi di zucca in tasca e li sparpaglio ovunque io veda un poco di terra o una breccia dentro un muro.
Proprio oggi, 21 marzo, primo giorno di primavera.
Contatto e ascolto. Queste le parole chiave per entrare nell’ installazione multimediale “Portatori di storie” realizzata da Studio Azzurro nell’ex manicomio di Roma. E’ il punto finale di una lettura multimediale fatta con l’enorme archivio conservato dentro il Santa Maria della Pietà. Cartelle cliniche, diagnosi, terapie, che descrivono la storia delle persone recluse, a volte per tutto l’arco della propria vita, nei padiglioni con parco botanico a nord di Roma. Si prova quasi un senso di libertà osservando la ricchezza degli alberi, nostrani come le querce o importati come le sequoie, piantati spesso dagli infermieri e dai pazienti negli ettari di terreno dell’istituto considerato nel secolo scorso all’avanguardia. Si prova molta della sofferenza dei cosiddetti malati di mente, entrando nell’ex padiglione, un tempo usato per gli internati, dove si trova il Museo della mente. Le installazioni spingono a mettersi al posto dei malati, a sentire le loro voci, a provare le loro ossessioni. Poi si raggiunge “Portatori di storie” dove le persone emergono dall’ ombra e si mostrano in primo piano. Aspettano il tocco di una mano e di essere accompagnati ad un punto dove si mettono in attesa di essere ascoltati. Tutto questo genera un’emozione fisica che non lascia indifferenti. Così non lascia indifferenti sapere quante cose in realtà fa la Sanità Pubblica, quella sana.
Quando si parla di nonni e nipoti il quadretto familiare manda immagini di consueta vita quotidiana: torte cucinate insieme, ore trascorse al parco in attesa del ritorno dei genitori, lunghe giornate passate a casa da scuola perché ammalati. E magari i ricordi si materializzano in foto ricordo che danno sapore all’intimità delle immagini o odore di antico alle pagine di diario recuperate in un cassetto di casa. Anche questo è bello e desiderabile e parlarne regala ai non più giovani bei ricordi. Ma può capitare, in questi anni in cui si parla tanto di “invecchiamento attivo”, di intercettare momenti in cui i nonni raccontano esperienze di giochi e luoghi e momenti memorabili della loro gioventù per inserirli in una mappa interattiva in modo da incuriosire chi oggi è bambino munito di smart phone.
Le reazioni a questo insolito incontro tra generazioni sono disparate ma tutti scoprono una loro personale partecipazione. C’è chi si mette in ascolto, chi parte con nuovi racconti, chi viene sollecitato in fantasie inaspettate. Mi è capitato da poco di partecipare ad alcuni di questi momenti chiamati non a caso Teatri della memoria (organizzati da Urban Experience nel XIX Municipio di Roma) perché ognuno ha partecipato in prima persona mettendo in scena la propria storia, con gli anziani che raccontavano e i bambini che ascoltavano, esplorando il quartiere e giocando con le mappe. Tutto questo ha poi trovato un pubblico anche in rete, vicino e lontano, per azionare la mappa del territorio, riempita di storie, con un clic.
Sarà che ci sono andata con la classe (una terza elementare) del mio nipotino Cosimo, ma il riferimento ad Harry Potter e alla biblioteca della scuola di magia Hogwart è stato immediato. La Biblioteca Casanatense, pubblica dal 1701, mi ha prodotto un tuffo al cuore da tanto che è bella. Tutto quello che ci si immagina delle biblioteche antiche: uno stanzone enorme con alti finestroni, scaffali alle pareti fino al soffitto, un enorme “mappamondo” e un altrettanto gigantesco “mappa cielo”, ai lati estremi due scale a spirale di legno per accedere ai piani alti. Tutto a vista, tutto protetto sotto teche di vetro perché i libri lì custoditi sono antichi e antichissimi. Volumi donati per testamento dal cardinale Girolamo Casanate ai padri domenicani di Santa Maria della Minerva nel 1698 con la precisa disposizione che venisse fondata una biblioteca aperta al pubblico. Così è da allora e non resta che visitarla, in orario di biblioteca naturalmente.
Come sapete cerco tutte le occasioni gratis offerte dalla città. Ne ho trovata una molto particolare che va a sommarsi al mio desiderio di insegnare l’italiano agli stranieri. L’incontro è stato casuale, come spesso capita. Semplicemente parlando con un’amica che mi ha passato l’informazione. “Vai sul sito per saperne di più”, mi ha detto e così ho scoperto la Penny Wirton, scuola aperta a tutti nel quartiere di San Saba. Di scuole per stranieri in cui chi insegna non viene pagato ce ne sono molte, ma questa è speciale perché il rapporto docente/alunno è uno a uno. L’ideale per imparare, l’ideale per insegnare. Lo sappiamo bene quando vogliamo approfondire una lingua straniera. Ma è un lusso offerto agli stranieri che più di noi hanno urgenza di apprendere per potersi inserire. E volentieri mi sono inserita immediatamente, alla mia prima visita, nella scuola. C’era già un alunno che mi aspettava seduto al tavolo. Due ore concentratissime di scuola a Husseyn, che mi sorrideva ad ogni parola compresa. Senza avere la certezza di ritrovarci la prossima volta.
Sabato 6 ottobre chi vive o era a Roma ha potuto entrare in tanti spazi della città in modo gratuito (l’apertura, fissata per il 19 maggio, era stata rinviata a causa dell’attentato in cui era morta la studentessa pugliese). Quella sera non c’era che l’imbarazzo della scelta tra i musei del circuito comunale aperti eccezionalmente. Non a caso la fila di aspiranti visitatori davanti a molti luoghi era lunghissima. Con due amiche abbiamo scelto di defilarci un po’ dai soliti percorsi ma di non perdere l’occasione di visitare gratis e di notte qualcosa di speciale. Con il fiuto delle “attempate” siamo rimaste in zona Trastevere ma ai margini o meglio ci siamo spinte alle pendici del Gianicolo in zona Ambasciata di Spagna. Obiettivo: il Tempietto del Bramante di San Pietro in Montorio. E’ stato una meraviglia vederlo illuminato e girargli intorno e poter scendere fino ad osservare la cripta dove si dice siano conservate le ossa di San Pietro. Non contente, sempre evitando la massa, abbiamo raggiunto l’Orto Botanico in via della Lungara per una visita guidata con puntatore luminoso sulle piante avvolte dal buio. Tra i profumi delle erbe aromatiche e le ombre dei platani secolari siamo poi state introdotte nella serra dei cactus provenienti dal sud del mondo. Un’esperienza indimenticabile come anche osservare i fiori che si schiudono solo dal tramonto in poi.
Esperienze analoghe forse si potranno rivivere sabato 1 dicembre. L’occasione questa volta è buona per assistere ai concerti eseguiti nei musei comunali di Roma (info al tel 060608). Provare per credere.
Quali sono le occasioni per nutrirsi di cultura gratis? Me lo domando da quando sono in pensione e devo selezionare, per questioni di bilancio, le opportunità. Certo, il cinema per i senior è a prezzo ridotto (ma solo il primo e secondo spettacolo e solo dal lunedì al venerdì), così pure ci sono riduzioni per entrare ai musei e alle mostre (ma solo dopo i 65 anni). Inoltre mi guardo intorno e vivendo in una città come Roma non ho che l’ imbarazzo della scelta. Per vedere da fuori i monumenti o da dentro le chiese. Ma per accedere a luogh normalmente preclusi ai più e osservarli con calma da dentro? Per darmi una risposta sono alla ricerca costante di buone occasioni. Così un giovedì 1 novembre è arrivata una buona opportunità: sono entrata nel Casino di caccia di Aurora Pallavicini sul cui soffitto spicca un bellissimo dipinto di Guido Reni, da ammirare a prova di torcicollo. Per fortuna hanno trovato il trucco per evitarlo: uno specchio sul tavolo centrale rimanda l’immagine a distanza ravvicinata. Una sorpresa questo luogo, proprio davanti alle Scuderie del Quirinale. Una bella fortuna visto che è aperto solo il primo giorno del mese, solo dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17.
Segnate data e luogo, per me da non perdere.