Il termine non l’ho inventato io ma Gilles Clément, botanico paesaggista francese. Ma tra tutti gli aggettivi che caratterizzano le piante che crescono spontanee e sfidano colate di asfalto, muretti di cemento, reti di recinzione, questo mi sembra il più bello. Piante vagabonde sono quelle che sfidano i confini geografici che delimitano i giardini ma anche i continenti e, magari portate dal vento, hanno trovato il luogo ideale per crescere tra le grate arrugginite di una finestra o ai piedi di una doccia nella sabbia di una spiaggia.
Da quando uso questo termine Cosimo e Jacopo, i miei nipotini di 10 e 8 anni, sono ancora più interessati a guardare le piante che incontriamo nelle nostre esplorazioni del territorio. Perché le piante vagabonde hanno il fascino dell’avventura. E fanno viaggiare la fantasia ad immaginare come quella specie di cocumeracea che sta crescendo con le sue foglie rigogliose sulla sabbia abbia affrontato spostamenti casuali. Magari c’è finita semplicemente con lo sputacchio dei suoi semi dalla bocca di chi stava mangiando una fetta di anguria o forse è rotolata da un camion che la stava trasportando al chiosco della rotonda o forse è arrivata dal mare cullata dalle onde di un giorno di tempesta … E ci domandiamo come abbia trovato la forza di germogliare e come possiamo fare per proteggerla. Ma anche a noi veri amanti dell’avventura piace pensare che ce la farà da sola. E la incoraggiamo a farcela dandole un po’ di acqua dolce prima di salutarla.